Se con Piazzale Loreto pensavamo che fosse finito ogni dramma ed ogni vilipendio sul cadavere di Benito Mussolini, ci siamo purtroppo sbagliati. Se la mattanza di quel giorno sembrava averle superate tutte ed i protagonisti di quelle ignobili gesta,”giustificati” dalla teoria del furore popolare, cosa dovremmo dire allora di quel che avvenne dodici anni più tardi, nell´agosto del 1957 ad opera dello stato italiano e delle sue istituzioni, capaci di tagliare in tre pezzi il corpo di Mussolini, prima di riconsegnarlo ai suoi famigliari? Sì, avete capito proprio bene……venne fatto a pezzi il suo cadavere….
Ricostruiamo con ordine i fatti.
Tutto comincia nella notte del 24 aprile 1946, quando un reduce della Repubblica Sociale Italiana, Domenico Leccisi, futuro senatore del M.S.I., insieme ad altri suoi due compagni, trafugò la salma di Mussolini dal cimitero del Musocco, a Milano, riesumandolo dalla tomba identificata con un numero, il 7. Nel suo gesto non c´era solo la voglia di far sentire che il movimento fascista esisteva ancora ed era vivo più che mai, ma c´era soprattutto l´intento nobile di rendere una degna sepoltura e un cristiano funerale al Duce. Dopo il suo omicidio ed il vilipendio del cadavere a Piazzale Loreto, c´era il desiderio e quasi l´obbligo morale di fare qualcosa di umano per Mussolini; fu così che Leccisi intervenne, decidendo quindi di portare via la salma da quel luogo, dando avvio ad un rito che riparasse agli orrendi misfatti dell´aprile 1945, assicurando perciò anche all´anima del Duce la possibilità di avere una dignitosa sepoltura.
Quella dignitosa sepoltura che per molto tempo gli sarà però ancora negata, come vedremo fra poco…. Verrebbe intanto da chiedersi subito perché mai furono abbandonati i suoi resti in una buca senza nome, la cui unica identificazione era un numero, dove nemmeno la famiglia poteva recarsi per portare almeno un fiore o inginocchiarsi a piangere e pregare per lui, visto che nessuno sapeva dov´era stato sepolto? Non volerlo consegnare ai suoi famigliari e non voler dargli una tomba dove piangerlo a cosa serviva? Perché tenerlo occultato, nemmeno si temesse che il suo corpo resuscitasse e Benito ritornasse a vivere?! L´Italia della resistenza aveva forse paura di lui anche da morto?
Dopo che i tre camerati eseguirono in forma privata un funerale un po´ spartano, ma comunque sincero, decisero di nascondere il corpo in un luogo sicuro e al contempo sacro: un convento di frati. Lo affidarono a questi che lo tennero così in custodia fino alla fine di quella vicenda.
Nel nostro Paese intanto, la questione del trafugamento del corpo scatenò stupore e polemiche. Qualcuno già gridava di nuovo alla “caccia al fascista” e d´altro canto i crimini del dopoguerra da parte dei comunisti sarebbero andati avanti fino alla fine di quell´anno, e in alcuni casi anche oltre (almeno fino al 1949)…
Si misero allora in moto tutti quanti, dalle questure ai partiti, dal governo ai giornali, fino alle associazioni partigiane (colpite al “cuore” proprio nel giorno del primo anniversario della cosiddetta “liberazione”); ognuno si dà da fare per dire la sua e per scatenare nel paese un nuovo
clima d´odio e di avversione contro un nemico invisibile. Gli ex militanti della resistenza e la nuova classe politica, che credevano di aver vinto su tutti i campi, anche su quello del consenso popolare, si trovano di colpo a dover riavere a che fare con la figura di un uomo simbolo per gli italiani, o almeno, per una parte di essi. Loro malgrado sono costretti a rendersi conto che in Italia fascisti e mussoliniani ne esistevano ancora e che quell´ideologia era viva più che mai; non bastò aver ucciso nel giro di un anno migliaia di fascisti o presunti tali, né di averne incarcerati altrettanti. Là fuori, altra gente continuava a credere in quegli ideali nella quale per vent´anni tutti si erano identificati, e continuava ad amare una persona che ormai non c´era più. I comunisti probabilmente, è in quel momento che adottarono la famigerata frase “carogne tornate nelle fogne”; ma questi non solo non decisero di restare nell´oblio, anzi, alcuni mesi più tardi, esattamente il 26 dicembre, sempre dello stesso anno, diedero vita a quello che divenne un grande partito, l´M.S.I., fondato da alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra cui Giorgio Almirante (all´epoca di Salò capo di gabinetto del ministero della cultura popolare, guidato dal ministro Ferdinando Mezzasoma), Pino Romualdi e Arturo Michelini.
Intanto, lo stato italiano diede ordine alle questure di setacciare tutta Milano e dovunque in Italia arrivasse una segnalazione che presumeva di aver visto il corpo di qua o di là; si partì subito alla carica, nemmeno fossimo di fronte ad una lotta contro il tempo.
Tutto andò avanti in questo modo finché nell´agosto di quello stesso anno si viene finalmente a conoscenza dove si trovano i resti del suo cadavere.
Lo stato italiano decide a quel punto di imporre il silenzio su tutta la vicenda e anziché consegnare i resti alla famiglia Mussolini, gli tiene sotto sequestro per ben undici anni, lasciandoli in ogni caso in custodia in quel convento di frati.
Ma in Italia nessuno sa niente, almeno ufficialmente, ed il clima di stupore, paura, indignazione continua all´infinito, nutrendo leggende su chi ha visto il corpo in ogni angolo del Paese, nelle situazioni più anomale, raccontando spesso versioni dei fatti fin troppo fantasiose.
Quando finalmente lo stato italiano si decise, il 31 agosto del 1957, a riconsegnare alla Signora Rachele, moglie del Duce, i resti di suo marito, lo fa con un´iniziativa alquanto macabra ed assolutamente condannabile: badate bene, il nostro stato, quindi un istituzione, anzi, l´Istituzione, decise di tagliare in tre pezzi il corpo di Mussolini, per farlo stare dentro una cassa di legno di circa un metro! Avete capito bene…. Le nostre istituzioni, non paghe di aver tenuto sotto sequestro il corpo per undici anni, non paghe di aver accettato la sua illegittima condanna a morte ed il successivo scempio di Piazzale Loreto, non paghe di aver permesso agli americani di asportargli persino un pezzetto di cervello per i loro assurdi studi scientifici, hanno per la seconda volta vilipeso il suo cadavere. Direi piuttosto che hanno ucciso Mussolini per la terza volta….
Ma a che cosa serviva arrivare a tanto? Perché inveire per l´ennesima volta e a distanza di tanti anni sul corpo di un uomo ormai estinto? Non lo si poteva rispettare nemmeno da morto? I furori popolari erano passati, e allora che giustificazione può darci in merito lo stato italiano?
In quel momento credo che tutti avremmo dovuto vergognarci di essere rappresentati da questi “campioni” della “democrazia”, capaci vigliaccamente di recare danno ad un corpo inerme.
E forse per un giorno, almeno per un giorno, avremmo dovuto tutti vergognarci pure di essere italiani, se l´Italia in cui la gente si identificava è quella di Piazzale Loreto o quella che permette al governo italiano di tagliare in tre pezzi il corpo di un uomo deceduto dodici anni prima, dopo averlo tenuto sotto sequestro per oltre un decennio. Infierire sui morti e giustificare questi atti, sono i principi su cui è basata la nostra repubblica? Sono questi i valori condivisi della democrazia italiana? Sono questi i valori della tanto decantata resistenza?
Mi aspetterei a questo punto, giunti nel 2008, di sentire almeno le scuse, seppur tardive, da parte di qualche esponente di spicco delle odierne istituzioni. Ma forse questo sarebbe chiedere troppo… Vero, presidente Napolitano? Vero, senatore Andreotti?
Risuonano allora come inquietanti e premonitrici queste parole di Mussolini:
“Sarei grandemente ingenuo se credessi di essere lasciato tranquillo dopo morto. Sulle tombe dei capi di quelle grandi trasformazioni che si chiamano rivoluzioni, non ci può essere pace….”
Già, ancora una volta il buon Benito seppe con grande intuito vedere lontano, molto lontano….
Michele Marini
Ricostruiamo con ordine i fatti.
Tutto comincia nella notte del 24 aprile 1946, quando un reduce della Repubblica Sociale Italiana, Domenico Leccisi, futuro senatore del M.S.I., insieme ad altri suoi due compagni, trafugò la salma di Mussolini dal cimitero del Musocco, a Milano, riesumandolo dalla tomba identificata con un numero, il 7. Nel suo gesto non c´era solo la voglia di far sentire che il movimento fascista esisteva ancora ed era vivo più che mai, ma c´era soprattutto l´intento nobile di rendere una degna sepoltura e un cristiano funerale al Duce. Dopo il suo omicidio ed il vilipendio del cadavere a Piazzale Loreto, c´era il desiderio e quasi l´obbligo morale di fare qualcosa di umano per Mussolini; fu così che Leccisi intervenne, decidendo quindi di portare via la salma da quel luogo, dando avvio ad un rito che riparasse agli orrendi misfatti dell´aprile 1945, assicurando perciò anche all´anima del Duce la possibilità di avere una dignitosa sepoltura.
Quella dignitosa sepoltura che per molto tempo gli sarà però ancora negata, come vedremo fra poco…. Verrebbe intanto da chiedersi subito perché mai furono abbandonati i suoi resti in una buca senza nome, la cui unica identificazione era un numero, dove nemmeno la famiglia poteva recarsi per portare almeno un fiore o inginocchiarsi a piangere e pregare per lui, visto che nessuno sapeva dov´era stato sepolto? Non volerlo consegnare ai suoi famigliari e non voler dargli una tomba dove piangerlo a cosa serviva? Perché tenerlo occultato, nemmeno si temesse che il suo corpo resuscitasse e Benito ritornasse a vivere?! L´Italia della resistenza aveva forse paura di lui anche da morto?
Dopo che i tre camerati eseguirono in forma privata un funerale un po´ spartano, ma comunque sincero, decisero di nascondere il corpo in un luogo sicuro e al contempo sacro: un convento di frati. Lo affidarono a questi che lo tennero così in custodia fino alla fine di quella vicenda.
Nel nostro Paese intanto, la questione del trafugamento del corpo scatenò stupore e polemiche. Qualcuno già gridava di nuovo alla “caccia al fascista” e d´altro canto i crimini del dopoguerra da parte dei comunisti sarebbero andati avanti fino alla fine di quell´anno, e in alcuni casi anche oltre (almeno fino al 1949)…
Si misero allora in moto tutti quanti, dalle questure ai partiti, dal governo ai giornali, fino alle associazioni partigiane (colpite al “cuore” proprio nel giorno del primo anniversario della cosiddetta “liberazione”); ognuno si dà da fare per dire la sua e per scatenare nel paese un nuovo
clima d´odio e di avversione contro un nemico invisibile. Gli ex militanti della resistenza e la nuova classe politica, che credevano di aver vinto su tutti i campi, anche su quello del consenso popolare, si trovano di colpo a dover riavere a che fare con la figura di un uomo simbolo per gli italiani, o almeno, per una parte di essi. Loro malgrado sono costretti a rendersi conto che in Italia fascisti e mussoliniani ne esistevano ancora e che quell´ideologia era viva più che mai; non bastò aver ucciso nel giro di un anno migliaia di fascisti o presunti tali, né di averne incarcerati altrettanti. Là fuori, altra gente continuava a credere in quegli ideali nella quale per vent´anni tutti si erano identificati, e continuava ad amare una persona che ormai non c´era più. I comunisti probabilmente, è in quel momento che adottarono la famigerata frase “carogne tornate nelle fogne”; ma questi non solo non decisero di restare nell´oblio, anzi, alcuni mesi più tardi, esattamente il 26 dicembre, sempre dello stesso anno, diedero vita a quello che divenne un grande partito, l´M.S.I., fondato da alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra cui Giorgio Almirante (all´epoca di Salò capo di gabinetto del ministero della cultura popolare, guidato dal ministro Ferdinando Mezzasoma), Pino Romualdi e Arturo Michelini.
Intanto, lo stato italiano diede ordine alle questure di setacciare tutta Milano e dovunque in Italia arrivasse una segnalazione che presumeva di aver visto il corpo di qua o di là; si partì subito alla carica, nemmeno fossimo di fronte ad una lotta contro il tempo.
Tutto andò avanti in questo modo finché nell´agosto di quello stesso anno si viene finalmente a conoscenza dove si trovano i resti del suo cadavere.
Lo stato italiano decide a quel punto di imporre il silenzio su tutta la vicenda e anziché consegnare i resti alla famiglia Mussolini, gli tiene sotto sequestro per ben undici anni, lasciandoli in ogni caso in custodia in quel convento di frati.
Ma in Italia nessuno sa niente, almeno ufficialmente, ed il clima di stupore, paura, indignazione continua all´infinito, nutrendo leggende su chi ha visto il corpo in ogni angolo del Paese, nelle situazioni più anomale, raccontando spesso versioni dei fatti fin troppo fantasiose.
Quando finalmente lo stato italiano si decise, il 31 agosto del 1957, a riconsegnare alla Signora Rachele, moglie del Duce, i resti di suo marito, lo fa con un´iniziativa alquanto macabra ed assolutamente condannabile: badate bene, il nostro stato, quindi un istituzione, anzi, l´Istituzione, decise di tagliare in tre pezzi il corpo di Mussolini, per farlo stare dentro una cassa di legno di circa un metro! Avete capito bene…. Le nostre istituzioni, non paghe di aver tenuto sotto sequestro il corpo per undici anni, non paghe di aver accettato la sua illegittima condanna a morte ed il successivo scempio di Piazzale Loreto, non paghe di aver permesso agli americani di asportargli persino un pezzetto di cervello per i loro assurdi studi scientifici, hanno per la seconda volta vilipeso il suo cadavere. Direi piuttosto che hanno ucciso Mussolini per la terza volta….
Ma a che cosa serviva arrivare a tanto? Perché inveire per l´ennesima volta e a distanza di tanti anni sul corpo di un uomo ormai estinto? Non lo si poteva rispettare nemmeno da morto? I furori popolari erano passati, e allora che giustificazione può darci in merito lo stato italiano?
In quel momento credo che tutti avremmo dovuto vergognarci di essere rappresentati da questi “campioni” della “democrazia”, capaci vigliaccamente di recare danno ad un corpo inerme.
E forse per un giorno, almeno per un giorno, avremmo dovuto tutti vergognarci pure di essere italiani, se l´Italia in cui la gente si identificava è quella di Piazzale Loreto o quella che permette al governo italiano di tagliare in tre pezzi il corpo di un uomo deceduto dodici anni prima, dopo averlo tenuto sotto sequestro per oltre un decennio. Infierire sui morti e giustificare questi atti, sono i principi su cui è basata la nostra repubblica? Sono questi i valori condivisi della democrazia italiana? Sono questi i valori della tanto decantata resistenza?
Mi aspetterei a questo punto, giunti nel 2008, di sentire almeno le scuse, seppur tardive, da parte di qualche esponente di spicco delle odierne istituzioni. Ma forse questo sarebbe chiedere troppo… Vero, presidente Napolitano? Vero, senatore Andreotti?
Risuonano allora come inquietanti e premonitrici queste parole di Mussolini:
“Sarei grandemente ingenuo se credessi di essere lasciato tranquillo dopo morto. Sulle tombe dei capi di quelle grandi trasformazioni che si chiamano rivoluzioni, non ci può essere pace….”
Già, ancora una volta il buon Benito seppe con grande intuito vedere lontano, molto lontano….
Michele Marini