mercoledì 20 agosto 2008

MUSSOLINI MARTIRE E SANTO SUBITO!
Se con Piazzale Loreto pensavamo che fosse finito ogni dramma ed ogni vilipendio sul cadavere di Benito Mussolini, ci siamo purtroppo sbagliati. Se la mattanza di quel giorno sembrava averle superate tutte ed i protagonisti di quelle ignobili gesta,”giustificati” dalla teoria del furore popolare, cosa dovremmo dire allora di quel che avvenne dodici anni più tardi, nell´agosto del 1957 ad opera dello stato italiano e delle sue istituzioni, capaci di tagliare in tre pezzi il corpo di Mussolini, prima di riconsegnarlo ai suoi famigliari? Sì, avete capito proprio bene……venne fatto a pezzi il suo cadavere….
Ricostruiamo con ordine i fatti.
Tutto comincia nella notte del 24 aprile 1946, quando un reduce della Repubblica Sociale Italiana, Domenico Leccisi, futuro senatore del M.S.I., insieme ad altri suoi due compagni, trafugò la salma di Mussolini dal cimitero del Musocco, a Milano, riesumandolo dalla tomba identificata con un numero, il 7. Nel suo gesto non c´era solo la voglia di far sentire che il movimento fascista esisteva ancora ed era vivo più che mai, ma c´era soprattutto l´intento nobile di rendere una degna sepoltura e un cristiano funerale al Duce. Dopo il suo omicidio ed il vilipendio del cadavere a Piazzale Loreto, c´era il desiderio e quasi l´obbligo morale di fare qualcosa di umano per Mussolini; fu così che Leccisi intervenne, decidendo quindi di portare via la salma da quel luogo, dando avvio ad un rito che riparasse agli orrendi misfatti dell´aprile 1945, assicurando perciò anche all´anima del Duce la possibilità di avere una dignitosa sepoltura.
Quella dignitosa sepoltura che per molto tempo gli sarà però ancora negata, come vedremo fra poco…. Verrebbe intanto da chiedersi subito perché mai furono abbandonati i suoi resti in una buca senza nome, la cui unica identificazione era un numero, dove nemmeno la famiglia poteva recarsi per portare almeno un fiore o inginocchiarsi a piangere e pregare per lui, visto che nessuno sapeva dov´era stato sepolto? Non volerlo consegnare ai suoi famigliari e non voler dargli una tomba dove piangerlo a cosa serviva? Perché tenerlo occultato, nemmeno si temesse che il suo corpo resuscitasse e Benito ritornasse a vivere?! L´Italia della resistenza aveva forse paura di lui anche da morto?
Dopo che i tre camerati eseguirono in forma privata un funerale un po´ spartano, ma comunque sincero, decisero di nascondere il corpo in un luogo sicuro e al contempo sacro: un convento di frati. Lo affidarono a questi che lo tennero così in custodia fino alla fine di quella vicenda.
Nel nostro Paese intanto, la questione del trafugamento del corpo scatenò stupore e polemiche. Qualcuno già gridava di nuovo alla “caccia al fascista” e d´altro canto i crimini del dopoguerra da parte dei comunisti sarebbero andati avanti fino alla fine di quell´anno, e in alcuni casi anche oltre (almeno fino al 1949)…
Si misero allora in moto tutti quanti, dalle questure ai partiti, dal governo ai giornali, fino alle associazioni partigiane (colpite al “cuore” proprio nel giorno del primo anniversario della cosiddetta “liberazione”); ognuno si dà da fare per dire la sua e per scatenare nel paese un nuovo
clima d´odio e di avversione contro un nemico invisibile. Gli ex militanti della resistenza e la nuova classe politica, che credevano di aver vinto su tutti i campi, anche su quello del consenso popolare, si trovano di colpo a dover riavere a che fare con la figura di un uomo simbolo per gli italiani, o almeno, per una parte di essi. Loro malgrado sono costretti a rendersi conto che in Italia fascisti e mussoliniani ne esistevano ancora e che quell´ideologia era viva più che mai; non bastò aver ucciso nel giro di un anno migliaia di fascisti o presunti tali, né di averne incarcerati altrettanti. Là fuori, altra gente continuava a credere in quegli ideali nella quale per vent´anni tutti si erano identificati, e continuava ad amare una persona che ormai non c´era più. I comunisti probabilmente, è in quel momento che adottarono la famigerata frase “carogne tornate nelle fogne”; ma questi non solo non decisero di restare nell´oblio, anzi, alcuni mesi più tardi, esattamente il 26 dicembre, sempre dello stesso anno, diedero vita a quello che divenne un grande partito, l´M.S.I., fondato da alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana, tra cui Giorgio Almirante (all´epoca di Salò capo di gabinetto del ministero della cultura popolare, guidato dal ministro Ferdinando Mezzasoma), Pino Romualdi e Arturo Michelini.
Intanto, lo stato italiano diede ordine alle questure di setacciare tutta Milano e dovunque in Italia arrivasse una segnalazione che presumeva di aver visto il corpo di qua o di là; si partì subito alla carica, nemmeno fossimo di fronte ad una lotta contro il tempo.
Tutto andò avanti in questo modo finché nell´agosto di quello stesso anno si viene finalmente a conoscenza dove si trovano i resti del suo cadavere.
Lo stato italiano decide a quel punto di imporre il silenzio su tutta la vicenda e anziché consegnare i resti alla famiglia Mussolini, gli tiene sotto sequestro per ben undici anni, lasciandoli in ogni caso in custodia in quel convento di frati.
Ma in Italia nessuno sa niente, almeno ufficialmente, ed il clima di stupore, paura, indignazione continua all´infinito, nutrendo leggende su chi ha visto il corpo in ogni angolo del Paese, nelle situazioni più anomale, raccontando spesso versioni dei fatti fin troppo fantasiose.
Quando finalmente lo stato italiano si decise, il 31 agosto del 1957, a riconsegnare alla Signora Rachele, moglie del Duce, i resti di suo marito, lo fa con un´iniziativa alquanto macabra ed assolutamente condannabile: badate bene, il nostro stato, quindi un istituzione, anzi, l´Istituzione, decise di tagliare in tre pezzi il corpo di Mussolini, per farlo stare dentro una cassa di legno di circa un metro! Avete capito bene…. Le nostre istituzioni, non paghe di aver tenuto sotto sequestro il corpo per undici anni, non paghe di aver accettato la sua illegittima condanna a morte ed il successivo scempio di Piazzale Loreto, non paghe di aver permesso agli americani di asportargli persino un pezzetto di cervello per i loro assurdi studi scientifici, hanno per la seconda volta vilipeso il suo cadavere. Direi piuttosto che hanno ucciso Mussolini per la terza volta….
Ma a che cosa serviva arrivare a tanto? Perché inveire per l´ennesima volta e a distanza di tanti anni sul corpo di un uomo ormai estinto? Non lo si poteva rispettare nemmeno da morto? I furori popolari erano passati, e allora che giustificazione può darci in merito lo stato italiano?
In quel momento credo che tutti avremmo dovuto vergognarci di essere rappresentati da questi “campioni” della “democrazia”, capaci vigliaccamente di recare danno ad un corpo inerme.
E forse per un giorno, almeno per un giorno, avremmo dovuto tutti vergognarci pure di essere italiani, se l´Italia in cui la gente si identificava è quella di Piazzale Loreto o quella che permette al governo italiano di tagliare in tre pezzi il corpo di un uomo deceduto dodici anni prima, dopo averlo tenuto sotto sequestro per oltre un decennio. Infierire sui morti e giustificare questi atti, sono i principi su cui è basata la nostra repubblica? Sono questi i valori condivisi della democrazia italiana? Sono questi i valori della tanto decantata resistenza?
Mi aspetterei a questo punto, giunti nel 2008, di sentire almeno le scuse, seppur tardive, da parte di qualche esponente di spicco delle odierne istituzioni. Ma forse questo sarebbe chiedere troppo… Vero, presidente Napolitano? Vero, senatore Andreotti?
Risuonano allora come inquietanti e premonitrici queste parole di Mussolini:
“Sarei grandemente ingenuo se credessi di essere lasciato tranquillo dopo morto. Sulle tombe dei capi di quelle grandi trasformazioni che si chiamano rivoluzioni, non ci può essere pace….”
Già, ancora una volta il buon Benito seppe con grande intuito vedere lontano, molto lontano….
Michele Marini

giovedì 14 agosto 2008


Domenica 24 agosto prossimo venturo alle ore 10.30 nella chiesetta del Cimitero di Ravenna, dove l'eroe è sepolto, su iniziativa degli "Arditi" di Ravenna e Bologna, Ettore Muti sarà commemorato.
Seguirà una riunione conviviale presso il ristorante "La Pritona" al Lido Adriano in Viale Botticelli 4.
Siete invitati ad intervenire per onorare la memoria dell'Eroe, del Fascista, dell'Uomo.

lunedì 11 agosto 2008

MUSSOLINI STERMINATORE DI EBREI?
(Con intervento su articolo del Prof. Francesco Perfetti)
di Filippo Giannini

Ho ricevuto una E-Mail che di seguito riporto integralmente, omettendo, ovviamente, la firma dell’autore che sarà indicato con: Signor X.
Quanto tempo avrebbe impiegato l’apparato di Himmler a scoprire che la mia bisnonna era ebrea e quindi io, con la mia famiglia, essere destinato ai campi di concentramento ed ai forni crematori? Il fatto di non essere ariano – e neppure Himmler lo era – giustifica tanto orribile accanimento? Se Tamerlano, per fare un solo esempio, ha passato a fil di spada 18 milioni di persone in dieci anni, anche se erano suoi nemici irriducibili, si giustifica per questo? Un conto, caro Giannini, è essere storico e un altro essere politico. Cerchi, se possibile, di rimanere imparziale. Nel nome della verità storica. Grazie. XX>
Forse mi sbaglio, ma se ho ben capito, il Signor X vorrebbe che i miei scritti convalidassero quanto la “vulgata resistenziale” da quasi sette decenni va sostenendo, e cioè che . Se questo è quanto il Signor X pretende, mi obbligherebbe a scrivere non solo una falsità, ma addirittura una cosa esattamente contraria alla verità.
Per una volta sola mi voglio avvalere del giudizio di una personalità dichiaratamente fascista, Giorgio Pisanò. Questi nel suo libro “Noi fascisti e gli Ebrei” ha scritto: . Giorgio Pisanò: un pazzo? un mentitore fascista? No, Signor X, Giorgio Pisanò ha scritto il vero: non Hitler (è ovvio), né Stalin (per lo stesso motivo, è altrettanto ovvio), non Roosevelt, né Churchill, né Pétain, nessuno di questi ultimi, pur avendo le possibilità di farlo, si adoperarono per mettere in salvo gli ebrei: solo Mussolini lo fece.
Chi scrive queste note ha un difetto: prima di scrivere si documenta e solo su documenti scrive.
Il mio libro sull’argomento Ebrei-Fascismo ha per titolo “Uno schermo protettore”: una frase dello storico israeliano Léon Poliakov, frase che ho estrapolato dal suo libro “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei>. Se il Signor X andasse a pag. 219-220, potrebbe leggere: .
Prima di addentarci nell’argomento è bene ricordare che i calunniatori di Mussolini e dei suoi, per rendere le accuse più plausibili hanno coniato il sostantivo “nazifascista”, termine dispregiativo tendente ad accomunare in un’unica responsabilità fascismo e nazismo nelle atrocità commesse da quest’ultimo, sia che esse fossero reali, esagerate o immaginarie.
Le diversità dottrinali fra fascismo e nazionalsocialismo sono state evidenziate da diversi studiosi e tra questi Renzo De Felice: (“Intervista sul fascismo”, pag. 88). Se questo è vero e se è vero che la spina dorsale della dottrina nazionalsocialista era costituita dal principio della superiorità della razza, anche biologica e dall’antisemitismo, il Signor X mi potrebbe chiedere: perché, allora, le “leggi razziali” del 1938? Per dare una risposta a questo interrogativo dovremmo riportarci alla situazione politica internazionale degli anni ’30, il che ci condurrebbe troppo lontano. Accontentiamoci, al momento, di citare di nuovo De Felice (ibidem, pagg. 101-102): . Oppure, sempre dello stesso autore: .
Trattare l’argomento “fascismo-ebrei” è stato (e lo è tuttora) come accendere un fiammifero in una polveriera. La verità è che anche intorno a quei drammi è stata costruita una cortina di falsità i cui scopi sono facilmente intuibili, per chi vuol capire.
Mordekay Poldiel ha scritto: .
Nel 1934, in occasione dell’incontro con Weizmann, Mussolini concesse tremila visti a tecnici e scienziati ebrei che desideravano stabilirsi in Italia. Nel 1939 (!) vennero aperte alcune aziende di addestramento agricolo, le “haksharoth” (tecniche poi trasferite in Israele) che entrarono in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno), Orciano (Pisa) e Cavoli (Sardegna). Così, sempre in quegli anni la scuola marinara di Civitavecchia ospitò una cinquantina di allievi ebrei che diverranno poi i futuri ufficiali della Marina da guerra israeliana.
Il Signor X ha mai sentito parlare della Delasem e delle sue funzioni?
Dato, e ne sono certo, che pochi conoscono questo “miracolo all’italiana”, proverò a tracciarne le linee principali e i suoi scopi, avvalendomi dello scritto della storica ebrea Rosa Paini (“I sentieri della speranza”, pag. 28): .
Una domanda pongo al Signor X: perché gli ebrei che fuggivano dai territori occupati dai tedeschi anziché rifugiarsi nei Paesi democratici, a migliaia venivano in Italia, dove, ripeto, erano in vigore le leggi razziali? Erano tutti poveri bischeri? Oppure…?
Osserva Daniele Vicini (“L’Indipendente” del 26 luglio 1993): . E di seguito il giornalista elenca una lunghissima sequenza di nomi. Conoscendo i fatti e quindi la storia, quella vera (non quella propinataci da sette decenni), la risposta è semplice: i Paesi democratici respingevano i fuggiaschi, Roosevelt fece intervenire la Usa Navy per impedire con la forza l’approdo alle coste statunitensi di piroscafi carichi di ebrei: ebrei che, come ha scritto il giornalista Franco Monaco . A Solina, nel Mar Nero salì a bordo di un piroscafo il Console britannico informando gli infelici che il suo governo li considerava immigrati illegali: se si fossero avvicinati alle coste della Palestina sarebbero stati silurati. In Francia, nel settembre 1940, nel solo Dipartimento della Senna, la Sureté consegnò ai tedeschi lo schedario di circa 150 mila ebrei (François Feijto, da “Un’intervista allo storico Serge”). Sempre in Francia 4.500 gendarmi furono sguinzagliati alla caccia dell’ebreo: 12.884 persone vennero catturate, delle quali 5.802 donne e 4051 bambini; tutti consegnati ai tedeschi. Tutto ciò (e tanto, tanto altro ancora) fa concludere a Daniele Vicini: .
Voglio anche ricordare, in queste succinte note, un esempio di come sia stata condotta la storia nell’interminabile dopoguerra. Nel gennaio 1998 il giornalista della televisione italiana Paolo Frajese, conduttore di un servizio sulla vita degli ebrei nelle zone occupate dalle truppe italiane durante l’ultimo conflitto, ricordando il “Nulla Osta” concesso da Mussolini alla richiesta di Ribbentrop e commentando il fatto, con voce di rimprovero e condanna, disse all’incirca. . Frajese, evidentemente per rimanere entro i limiti del politicamente corretto, trascurò un piccolo particolare, ricordato da De Felice e da altri studiosi seri con queste parole: (Renzo De Felice, “Rosso e Nero”, pag. 160-161).
Così fu. Sino a quando Mussolini rimase Capo del Governo non un ebreo fu consegnato ai tedeschi, né agli ustascia.
E’ opportuno ricordare che in Italia, sino all’8 settembre 1943, giorno dell’annuncio della capitolazione, non esistevano campi di concentramento per ebrei, ma campi di internamento per cittadini appartenenti a quei Paesi con i quali l’Italia era in guerra. Uno di questi campi, forse il più noto, era quello di Ferramenti: qui fu internato il dottor Salim Diamand, autore del libro “Internment in Italy (1940-1945), nel quale è scritto: . Il dottor Diamand attesta che il Governo fascista concedeva 8 lire al giorno agli internati i quali potevano spenderle come desideravano.
C’è un altro grande storico, sempre israeliano, George L. Mosse dell’Università ebraica di Gerusalemme, che conferma quanto sostenuto da Giorgio Pisanò e, modestamente dal sottoscritto; infatti a pag. 245 del suo libro “Il Razzismo in Europa” si legge: <>.
Ma la storia riguardante il binomio Ebrei-Fascismo è ben più ricca di quanto, per motivi di spazio, sono costretto qui ad esporre. Desidero, comunque, terminare con una domanda che il Signor X mi potrebbe porre. . Non si possono ricordare solo quelli razziati nel Ghetto di Roma, ma anche quelli residenti nei territori occupati dalle nostre truppe, cioè quelli che, grazie alla caduta del Governo Mussolini vennero catturati dai tedeschi, e furono decine di migliaia. Signor X, guardi la data: 16 ottobre 1943. E indovini chi trovarono le SS a difendere gli ebrei del Ghetto. Non gli eroici partigiani, ma un fascista, in camicia Nera, Ferdinando Natoni, che con energia pretese la liberazione, poi ottenuta, di alcuni ebrei e fece passare per sue figlie due ragazze ebree, Mirella e Marina Limentani.
Se tutto ciò è vero, non è azzardato sostenere che gli ebrei, sino a quei giorni tenuti dietro “Lo schermo protettore”, furono poi consegnati allo sterminio dall’ignominia del primo Governo antifascista?
Perché questo morto che non vuol morire viene ucciso mille volte al giorno tutti i giorni? Lo lasciò scritto lui stesso: . Ovviamente si riferiva al mondo della grande Finanza e del grande Capitale: quelli, cioè che ci costrinsero alla guerra per poter abbattere quelle “idee” che si stavano espandendo in tutto il mondo e che, di conseguenza, avrebbero messo in dubbio lo status quo instaurato dai padroni delle casseforti mondiali.
Mi creda, Signor X, le traversie di Sua bisnonna addolorano tutte le persone civili, ma non per questo si debbono addossare le colpe ad un uomo che fece l’impossibile per evitargliele.
Se tutto quanto ho scritto corrisponde a verità, io denuncio un altro scempio della Giustizia: per i motivi sopra accennati il Sindaco di Roma inaugurerà il prossimo anno un Museo della Shoà che sarà locato a Villa Torlonia. Perché proprio a Villa Torlonia, già residenza della famiglia Mussolini?
La risposta è ovvia. Vero Signor X?


P.S. Avevo appena terminato l’articolo quando ho avuto occasione di leggere su Libero del 6 agosto un intervento di Francesco Perfetti sullo stesso argomento. L’Autore, facendo perno sulle Carte di Dino Grandi, addossa le colpe delle leggi razziali a Benito Mussolini. Mi meraviglio che un ottimo ricercatore come Perfetti non estenda le sue indagini su due argomenti:
a) il perché delle leggi razziali;
b) l’attendibilità del personaggio Dino Grandi.
E mi spiego: 1) Mussolini aveva una notevole considerazione degli ebrei (come è noto), e da questi era ampiamente ripagato, tanto che la stragrande maggioranza degli ebrei italiani era di fede fascista. Fra l’altro aveva loro concesso, con le leggi del 1930 e 1931, riconoscimenti unici al mondo. E allora, perché le leggi razziali? Ne La Seconda Guerra Mondiale di Winston Churchill, Vol. 2°, pag. 209, si legge: . Più o meno con le stesse parole lo storico inglese George Trevelyan condanna la politica inglese nei confronti di Mussolini. Il sopra citato Franco Monaco ha scritto: . L’“aver forzato”, l’essere “stati costretti” sono affermazioni che convalidano, a loro volta, quanto già sopra esposto da Renzo De Felice. E, del resto, il giornalista svizzero Paul Gentizon nel 1945 scrisse: . Ma le democrazie occidentali non vollero ascoltarlo, non potevano!
2) Dino Grandi fu l’autore principale del defenestramento di Mussolini il 25 luglio 1943. Grandi aveva necessità di passare come contestatore del Duce; quindi, quale migliore occasione che apparire oppositore delle odiose leggi razziali? Anche moralmente (almeno questo è il mio punto di vista) la figura di Grandi è discutibile. Pochi sanno che, venuto a conoscenza di un’indagine in corso per la sua precedente attività di fervente fascista, Grandi chiese a Winston Churchill un attestato delle sue benemerenze quale deciso oppositore di Mussolini. L’ex Premier inglese gli inviò questa lettera, datata 26 febbraio 1947: . Il maiuscolo è nel testo. Anche questa lettera proviene dalle Carte di Dino Grandi conservate nell’Archivio Storico del Ministero degli Esteri di Roma. Un personaggio simile non deve essere ridimensionato da un serio ricercatore? E Francesco Perfetti è un serio ricercatore.