LA FABBRICA DELLE MENZOGNE E DELLE CALUNNIE
di Filippo Giannini
<Sarei grandemente ingenuo se chiedessi di essere lasciato tranquillo dopo morto. Attorno alle tombe dei capi delle grandi trasformazioni che si chiamano rivoluzionari, non ci può essere pace. Ma tutto quello che fu fatto non potrà essere cancellato>.
Questa scritta è incisa nel marmo e posta nella cripta dei Mussolini a Predappio.
di Filippo Giannini
<Sarei grandemente ingenuo se chiedessi di essere lasciato tranquillo dopo morto. Attorno alle tombe dei capi delle grandi trasformazioni che si chiamano rivoluzionari, non ci può essere pace. Ma tutto quello che fu fatto non potrà essere cancellato>.
Questa scritta è incisa nel marmo e posta nella cripta dei Mussolini a Predappio.
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Ci risiamo: si profila un nuovo tentativo dei soliti quaquaraqua (sempre più ladri, sempre più incapaci, sempre più corrotti), di demonizzare l’unico Governo che guidò il Paese senza che, alla fine, lasciasse dietro di se strascichi giudiziari.
E’ di questi giorni la notizia che un ente televisivo stia preparando un filmato incentrato su Ida Irene Dalser, amante di Mussolini e sul frutto della loro relazione: Benito Albino.
Abbiamo seri motivi per ritenere che, come è di regola, tutto sarà falsato, distorto, perché “Mussolini deve morire perpetuamente”.
Proponiamo, allora, un breve excursus storico.
Qualche tempo fa sul settimanale Oggi è apparso un presunto scoop del giornalista Gennaro Di Stefano il quale ha sostenuto che Mussolini percepiva migliaia di miliardi (al valore di oggi) tramite mazzette riconosciutegli dalla Standard Oil americana. L’articolista ha arricchito la clamorosa notizia affermando di essere in possesso di documenti probanti.
E’ una delle tante bufale da dare in pasto alla gente più semplice; infatti il settimanale immediatamente querelato dalla Fondazione Mussolini non ha ancora fornito i documenti richiesti dagli avvocati della Fondazione.
Un altro caso riguarda un articolo di Marco Zeni e pubblicato su Il Giornale di qualche tempo fa, un articolo che ha occupato le due pagine centrali del quotidiano.
Un grande titolo condensa quanto l’autore andrà a sostenere:
E’ una storiella vecchia trita e ritrita, sostenuta nel dopoguerra da altri storici e presentata come novità da Marco Zeni.
Dobbiamo confessare che sulle prime siamo rimasti colpiti da un documento situato nella parte bassa della pagina 23, dal quale risulta che Mussolini sposò Donna Rachele essendo, però, già sposato con Ida Irene Dalser, una bella ragazza di Sopramonte in provincia di Trento, all’epoca provincia austriaca.
L’articolo inizia con un ampio riquadro in prima pagina nel quale si legge:
E quando sarebbero state celebrate le nozze?
Si evidenzia immediatamente un dubbio: in quel periodo Mussolini era un accanito mangiapreti e mai si sarebbe sposato in chiesa. Superato lo stupore viene spontaneo osservare che il documento dovrebbe essere tutt’ora depositato nella parrocchia.
L’autore non porta nessuna prova di questa manomissione, poi, per come si svilupperanno le cose più avanti, una domanda è spontanea: che ci stavano a fare quelle carte nella pancia del gallo cedrone impagliato?. E chi le avrebbe messe e perché?
Ma andiamo avanti. Il lettore annoti queste date: autunno 1914 e 1925. In questi undici anni c’è un buco che Zeni non colma.
Certamente Ida Dalser ha avuto una vita travagliata, ma, per quanto abbiamo potuto verificare, una vita che lei stessa ha voluto turbare.
Nel lunghissimo articolo Marco Zeni cerca di dimostrare: 1) che la prima moglie di Benito Mussolini fu, appunto, la Dalser; 2) che esiste un documento che attesta queste avvenute nozze; 3) che Mussolini fece internare in un manicomio sia la Dalser che il figlio Albino Benito nato a seguito della relazione; 4) che madre e figlio furono rinchiusi in manicomio pur essendo sani di mente.
Osserviamo:
1) Secondo l’articolista le nozze con la Dalser sarebbero state celebrate in chiesa e i documenti distrutti dalle squadracce fasciste nel 1925. Ma se è vero che il matrimonio fu consacrato nell’autunno del 1914, è altrettanto vero che almeno sino al 1919 di squadracce non ce ne erano neanche l’ombra o, almeno avevano altro a che pensare. Perché in questo buco di almeno cinque anni la moglie legittima non ha presentato istanze per rivendicare le sue ragioni? Inoltre – e ciò non è da sottovalutare – la Dalser sapeva che Mussolini era legato a Rachele Guidi e che da lei aveva avuto una bambina, Edda, nata quattro anni prima del presunto matrimonio. In merito Mussolini così ha scritto ad un suo amico, Cesare Berti:
2) “C’è un documento che attesta queste nozze”, scrive Marco Zeni. Mussolini sposò Donna Rachele il 16 dicembre 1915, incinta per la seconda volta e concordemente decisero di unirsi in regolare matrimonio: matrimonio registrato con il N° 51 presso il Comune di Treviglio.
Il documento presentato da Marco Zeni, anche se porta la data del 21 ottobre 1916, deve essere stato tratto da qualche registrazione precedente. Perché questa non fu presentata dieci mesi prima per invalidare sul nascere le nozze con Rachele Guidi?
E’ semplice: perché quel documento, anche se è originale, è falso nel contenuto.
In realtà ecco cosa avvenne.
C’era la guerra e il bersagliere Benito Mussolini parte per il fronte il 31 agosto1915. L’11 gennaio 1916 i due amanti si incontrano con il notaio Giuseppe (o Vittorio) Buffali a Milano e, presenti due testimoni, stilano un documento così concepito:
Questo attestato notarile, pur contenendo una seria inesattezza, tuttavia inficia quanto scritto da Marco Zeni circa il “matrimonio avvenuto nell’autunno del 1914 con la Dalser”, salvo che nel ventre del gallo cedrone impagliato non si celi un altro documento che dimostri la non affidabilità dell’atto del notaio Buffali.
Il suddetto atto notarile, secondo Antonio Spinosa,
Prima di ripartire per il fronte Mussolini, in cerca di un alloggio per la sua ex amante, l’accompagnò in un modesto albergo di Milano, il Gran Bretagna e, per farla accettare, la Dalser fu presentata come la propria moglie. Il direttore dell’albergo, dopo alcuni giorni, non essendo stato pagato, minacciò di cacciarla. La Dalser allora si rivolse al sindaco di Milano per ottenere un sussidio e in quella occasione dichiarò di essere la moglie di Benito Mussolini. Risultando sul registro dell’albergo quanto asserito sia dalla Dalser che da Mussolini stesso, il Sindaco rilasciò un documento:
Così alla Dalser venne riconosciuto un sussidio di L. 7,70 per il primo lunedì, e per ogni lunedì successivo L. 2,45.
3) La Dalser dette inizio immediatamente ad una serie di scenate, di pratiche legali e di attacchi a
Rachele. Edda ricorda:
Ida Dalser era realmente malata di mente? Il primo ad attestarlo è Antonio Spinosa (un Autore tutt’altro che di simpatie mussoliniane), il quale scrive (I figli del Duce, pagg. 23-24): <(La Dalser) si sentì tradita e cominciò a dare segni di squilibrio mentale (…). Già qualche mese prima, durante un’assenza di Benito da Milano, era piombata all’improvviso a Via Castelmaggiore e aveva affrontato la piccola Edda ponendole, fra le urla, una strana domanda: “tuo padre ama davvero questa donna?”, e indicava imperiosamente Rachele, la quale manteneva in tale trambusto una grande calma>.
Forse la Dalser non era malata di mente – nel senso comune del termine – ma, essendo stata ferita nel suo orgoglio di donna agì in modo da apparire tale.
4) E’ innegabile che a Mussolini piacessero le donne e che ne era ampiamente corrisposto. Tuttavia chi pagò il prezzo più alto per le intemperanze della Dalser fu il figlio BenitoAlbino. Per evitare qualsiasi altro incontro con la madre, Mussolini cercò di non avere rapporti diretti con lui, lasciando questa incombenza al fratello Arnando. Albino fu allontanato, al contrario dell’altra figlia naturale, Elena, che rimase sempre accanto al padre sino alle ultime tragiche fasi della Repubblica Sociale.
Come è accaduto per altri Autori, Marco Zeni cerca di insinuare il sospetto che fu per ordine di Mussolini che la Dalser e il figlio venissero rinchiusi in manicomio per farli morire. Evidentemente Zeni confonde Mussolini con Stalin e con Mao Tse Thung, o con Pol Pot o con Hitler. Mussolini mai ordì la soppressione di chicchessia, si immagini di un figlio.
Per concludere. Mentre per la storiografia antifascista il figlio naturale del Duce, Benito Albino, fu ucciso in una clinica per malattie mentali per ordine del truce tiranno, per Giorgio Pini e per Duilio Susmel la storia è completamente diversa. Benito Albino, dopo aver frequentato la Scuola Navale di Livorno ottenne il grado di ufficiale di marina. Scoppiata la guerra si sarebbe imbarcato, nel 1940, su un cacciatorpediniere. La nave venne silurata nelle acque del Tirreno nel 1942 e affondò portando con sé anche il non troppo felice ragazzo.
In definitiva, quali sarebbero gli scopi di Marco Zeni nel suo lunghissimo articolo? Questi sono condensati nell’ultima sua frase:
Questa sentenza non è molto diversa da quella emessa dall’altro storico Gennaro De Stefano contenuta nel settimanale Oggi, sopra menzionato, il quale dopo aver ricordato le tangenti del Duce, scrive:
Come dire: Mussolini fu un tangentista, oltre che cinico assassino della moglie e del figlio.
Secondo costoro i tanti che, ancor oggi dopo quasi sessantacinque anni dal suo assassinio lo rimpiangono, sono avvertiti… E Gianfranco Fini ha un altro argomento per santificare l’antifascismo.