martedì 22 aprile 2008

Lo scritto che segue è una fedele traduzione di un articolo del giornale “Berlin – Rome – Tokio” che fu stampato a Berlino il 15 dicembre 1940. Il brano testimonia, alla luce di un documento storico inoppugnabile, che non c’era, in quel periodo, alcuna volontà germanica di aprire un conflitto verso est, od anche di far scendere in guerra gli Stati Uniti d’America nel conflitto anglo germanico.
Lo stesso Hitler aveva proibito agli u-boote atlantici di ingaggiare combattimento col naviglio di scorta di battelli da carico statunitensi che occultamente rifornivano l’inghilterra di materiali ed armamenti, e ciò doveva avvenire, anche se questi li avrebbero attaccati.
kiriosomega
L’articolo che segue, fedelmente tradotto dal tedesco, ed integralmente riportato, apparve nella rivista:
MONATSSCHRIFT
FUR DIE VERTIEFUNG DER KULTURELLEN BEZIEHUNGEN
DER VOLKER DES WELTPOLITISCHEN DREIECKS
Zwischen Gestern und Morgen

Da quando Nazionalsocialismo e Fascismo sono apparsi nella politica internazionale, in virtù della loro energica azione è notevolmente diminuita la moltitudine dei focolai di disordine nel mondo democratico circostante. Gli sforzi correnti del nazionalsocialismo e del fascismo nel campo dei rapporti internazionali, e massime per il razionale assetto dei problemi territoriali europei, hanno fatto crollare il decrepito, antiquato edificio demo-massonico, in parte già sostituito da una nuova costruzione.
Le Nazioni e gli Stati che si trovano ancora fuori di questo riordinamento, si vedono oggi posti di fronte ad un problema che è decisivo per il loro destino; e vale a dire se essi vogliono vivere o no in armonia con l’Europa futura, o meglio con il mondo nuovo avvenire. E’ qui, che qua e là si trova quell’ieri che noi combattiamo nella nostra sfera ovunque si mostri. Talune Nazioni, per mera indecisione, non sono oggi né pro né contro, e si trovano così tra “ieri” e “domani”, e non sono elementi attivi e nemmeno ritardatari; sono gli esitanti d’oggi, i dimenticati isolati domani.
Se si vuole esaminare la questione (è oggi necessario esaminarla), a che cosa vada incontro l’Europa e con essa il mondo in seguito alla guerra con l’Inghilterra, in altre parole come si presenterà il domani, giova tenere sempre presenti i fatti seguenti, in base ai quali questo svolgimento non pure logico ma naturale e fortunato.
La storia dei nostri giovani popoli ridesti, è la storia del cammino verso il riordinamento del proprio essere, dei loro rapporti reciproci, e dei loro spazi vitali. La politica basata sull’idea del riordinamento raggiunge il suo apogeo il 27 settembre di quest’anno, quando il riassetto della vita e dello spazio sarà tratto dalla sfera delle affermazioni ideali e dichiarato principio e diritto dei nostri alleati.
Le pietre miliari del rinnovamento delle nostre Nazioni segnano le tappe su questo cammino, e non devono perciò essere considerate mere azioni egoistiche; poiché il programma della nostra rinascita era concepito a priori in grandi proporzioni internazionali, ben lontano dall’essere sempre un’autarchia nel vuoto politico.
Noi non abbiamo lasciato alcun dubbio circa la nostra concezione della vita sia del singolo sia dei popoli. Il Führer ha foggiato una dottrina della vita politica che dà al mondo una fisionomia nuova che rappresenta uno dei rari passi avanti dell’umanità. Il mondo democratico ed i suoi mandanti si atteggiarono da prima a stupore di fronte a tali atteggiamenti vivi e vitali, presi dal popolo dei poeti e dei pensatori, per passare poi al contrattacco contro un’ideologia giudicata pericolosa per loro.
Ci si era abituati a considerare “l’ieri” come uno stato di cose permanenti. Ne era espressione, non solo lo sforzo costante di fare del così detto status quo il comandamento supremo d’ogni politica ma anche erigere a dogma le concezioni britanniche, le valutazioni britanniche e il senso britannico della vita quale quintessenza dell’essere. Si era talmente abituati a considerare la dottrina politica della Gran Bretagna quale fattore caratteristico, che alla corte di San Giacomo si fece finta di cadere in deliquio quando il rappresentante del Reich nazionalsocialista, anziché fare una riverenza come una volta, usò il saluto che è per noi espressione di volontà rinnovatrice e connaturata con il nostro sentire. Non occorre alcun’altra prova per la balordaggine, l’ottusità e l’intolleranza della Gran Bretagna di ieri oltre a questo piccolo episodio avvenuto quando il ministro del Reich era ambasciatore a Londra. Esso era ad un tempo un sintomo di tutta la reazione inglese alla missione di Ribbentrop a Londra che mirava ad un’intesa con l’Inghilterra.
Si tratta ora di abbattere codesta mentalità “dell’ieri, poiché l’Inghilterra ha respinto ogni forma di limitazione volontaria ed ha scelto la violenza quale mezzo di decisione. E’ il fronte che contrappone “ieri” a “domani”.
Oggi ci troviamo nel secondo inverno di guerra, e l’Inghilterra vacilla sotto i colpi; e il suo sguardo è fisso all’America, donde Churchill non solo attende rifornimenti di materiale bellico, ma anche l’intervento in una lotta ormai decisa. Spettacolo miserando vedere il signor Lothian che corre dallo zio Sam, e cerca con frasi da imbonitore di dipingergli lo stato dell’Impero Britannico in modo da convincere gli Stati Uniti a puntare su un cavallo zoppo. E’ addirittura stupefacente con quale smisurata stupidaggine, leggerezza e cinismo i governanti britannici credono di poter contare sul popolo americano. L’America dovrebbe entrare in guerra a lato dell’Inghilterra contro il nuovo ordine, nel quale gli Stati Uniti potranno trarre maggiori vantaggi di quelli che un'Inghilterra anche vittoriosa, sarebbe in grado di offrir loro. L’America dovrebbe lottare così con “l’ieri” contro il “domani”, quantunque essa ed il suo futuro siano tutti rivolti verso al domani.
Ciò che fu per la Francia, fino al crudele risveglio, il mito della Marna, è per l’Inghilterra il mito del parallelismo tra il 1917 e il 1941. Ma anche gli inglesi dovrebbero sapere che la storia non si ripete e fin d’ora dovrebbero anche sapere che la Germania non è solo invincibile, ma tiene già la vittoria ferma in mano.
Il problema dell’aiuto americano si riduce ad una questione: a che livello gli anglofili di Wall Street abbiano fissato il conto passivo del popolo americano per i loro amori con la Gran Bretagna. Noi non sappiamo come sia valutata la sconfitta dell’Inghilterra nella contabilità dei banchieri ebrei, e neanche sappiamo quali secondi fini abbiano certe cricche americane in questa guerra europea. Ad ogni modo non vorremmo lasciarci sfuggire alcun’occasione per ripetere la nostra tesi, per quanto nota: la Germania non ha niente contro la nazione americana, e noi sappiamo che essa non ha niente contro il popolo germanico. La Germania ha sempre approvato la dottrina di Monroe come un saggio principio e perciò lo rivendica anche per sé (e i suoi amici fanno altrettanto) quale fondamento delle relazioni continentali di domani.
Le forme che assumono le liti per l’eredità tra America e il testatore inglese, per la mobilia in casa loro, a noi interessano soltanto nel caso in cui le liti dovessero accadere a nostre spese. Dopo che dall’America sono giunti al nostro orecchio tanti ammaestramenti ed apprezzamenti morali, desideriamo rilevare soltanto che la storia dell’avvenire non sarà determinata dal vinto e dai suoi complici platonici o pratici, bensì esclusivamente secondo le forze che creano il nuovo.
L’Inghilterra è in isfacelo. All’agonia dell’ieri britannico già si frammischiano le fanfare dell’ascesa, del domani che spunta. L’Europa prende nuova forma. I popoli giovani e i loro amici hanno fatto risuonare chiaro e lontano l’appello a partecipare all’avvenire. Questa marcia è la legge del secolo che viene, è l’idea del domani, che si tratta di accettare o negare. E’ per unirsi a questa marcia non è mai troppo presto, ma può ben essere troppo tardi.

La lettura di questo scritto, come già detto risalente al dicembre del 1940, testimonia, ove ce ne fosse la necessità, che la Germania non voleva la guerra sul fronte est, e nemmeno, ed anche questo qui è detto chiaramente, aveva alcuna intenzione di bellicamente competere con gli Stati Uniti.
Sperava, però, che questi non entrassero in guerra a fianco della Gran Bretagna anche perché non erano stati in alcun modo provocati.
Chi è perché fece scendere gli statunitensi in guerra?
Sì, proprio il loro malanimo, il loro senso di prepotenza e d’egoismo, la parentela ravvicinata con i britanni da cui: “Mal sangue non mente”. Ma soprattutto la tecnocrazia sionista con la complicità di Churchill.

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